Berlusconi è alla frutta, è politicamente morto. L’ho scritto tempo fa e lo ribadisco a maggior ragione adesso, alla luce delle nuove intercettazioni che escono sui media, alla luce delle figuracce che il nostro premier ci regala in ambito internazionale, ultima della lunghissima seria la definizione poco elegante di Angela Merkel, giudicata da Berlusconi inadatta a partecipare ai sui festini a luci rosse. Ma il bello è che i festini con le escort ad Arcore, a Palazzo Grazioli o sull’aereo presidenziale sono solo la punta dell’iceberg, perché non sono queste le vere ragioni che dovrebbero impedire a Silvio Berlusconi di governare il Paese.
Innanzitto, la prima ragione che mi viene in mente è l’incapacità: in quasi 20 anni di politica (grossomodo una quindicina passati a governare) non è riuscito a portare a termine nessun punto fondamentale della sua idea politica. Ricordo ancora benissimo la firma del contratto con gli Italiani da Bruno Vespa, contratto con cui si impegnava solennemente a lasciare la politica qualora non fosse riuscito a raggiungere almeno l’80% del proprio ambizioso programma politico. Di quel contratto Berlusconi non parla più e andrebbe processato pure per quello, per inadempienza contrattuale. Berlusconi sarà stato un grande imprenditore, avrà fatto successo e soldi grazie alle proprie capacità, ma come uomo politico ha dimostrato tutti i suoi limiti, nonché i reali motivi per cui è sceso in campo.
Altro motivo, che si ricollega al primo: egocentrismo. Come tutti immagino ben sanno, Silvio Berlusconi ha deciso di intraprendere la strada politica per salvaguardare i propri interessi, ottenuti precedentemente grazie alle potenti amicizie con il Partito Socialista. Travolto quest’ultimo Berlusconi si è trovato nudo e ha dovuto investire su se stesso in politica per difendere e incrementare il proprio patrimonio. E difatti, al posto delle leggi pro-Italiani sono spuntate come funghi leggi ad personam, le principali volte ad allontanare lo spettro giudiziario dato che, come uomo politico, si trovò decisamente più esposto alla luce dei riflettori e, quindi, della Magistratura. Ma, a differenza delle riforme strutturali del Paese, sulle leggi ad personam Berlusconi è stato assolutamente inattaccabile: preciso, chirurgico e sistematico. Tempi rapidissimi di approvazione e conflitto spostato con presidenza della Repubblica e, in particolar modo, Corte Costituzionale.
Ultimo motivo: conflitto di interessi. Silvio Berlusconi ha sì creato i presupposti per una crescita del proprio impero economico e finanziario, ma anche utilizzato tale impero a fini politici, per incrementare il consenso. Da persona colta e intelligente quale lui è, ha subito capito che il grimaldello per entrare con prepotenza nella politica italiana era il martellamento mediatico, inizialmente come spot politico per poi convergere via via sempre più verso lo scontro contro il comunismo, le toghe rosse e, in generale, l’illiberalismo delle opposizioni, capaci solo di proporre l’antiberlusconismo senza riuscire a produrre proposte concrete. Ma lo stesso martellamento mediatico ora gli sta implodendo addosso. Ad una certa età e dopo aver raccontanto palle a destra e a manca comincia a non essere più in grado di gestire la baracca senza cadere in fallo, senza contraddirsi e/o sputtanarsi. E chi lo difende a spada tratta non capisce che sta solamente prolungando la sua agonia, non lo sta aiutando per niente.